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Per Aspera Ad Veritatem n.4
Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali similari

Resoconto dell'audizione del Ministro dell'interno, dottor Giovanni Rinaldo CORONAS, sullo stato della lotta alla criminalità organizzata e sulle misure di sicurezza nei confronti delle sedi giudiziarie maggiormente a rischio





Il Presidente Tiziana PARENTI rammenta i temi dell'odierna audizione.

Il Ministro dell'interno, Giovanni Rinaldo CORONAS, rammenta che tra gli ultimi giorni di gennaio e la prima metà del mese di marzo, nelle province di Palermo e Catania erano stati consumati 18 omicidi, con una concentrazione di delitti che non si registrava dal 1992. Al riguardo fa presente che l'andamento accertato ad inizio anno, ad eccezione che nella provincia di Catania, non ha avuto conferme nei mesi successivi tant'è che il dato degli omicidi volontari fino al 30 settembre scorso ha fatto registrare proprio in Sicilia una sensibile contrazione, con una flessione di quasi il 19 per cento rispetto al dato del corrispondente periodo dello scorso anno.
Una diminuzione ancora più accentuata si coglie nei dati relativi agli omicidi volontari perpetrati nello stesso periodo in Calabria con una flessione superiore al 22 per cento rispetto al 1994.
Non sono dello stesso tipo, invece, i dati concernenti la Campania e la Puglia per i quali si registra un incremento rispettivamente del 27,48 per cento e dell'11,8 per cento.
Resta purtroppo grave il fenomeno dei sequestri di persona anche se circoscritto alla sola Sardegna.
Per quel che concerne le estorsioni resta problematico fornire un dato che dia l'esatta portata del fenomeno poiché è ancora diffuso, soprattutto nelle aree a maggiore incidenza criminale, un atteggiamento di timore delle vittime che preferiscono non denunciare gli autori del reato.
Le rivelazioni statistiche fanno comunque registrare a partire dal 1991 una crescita costante delle denunce che sono passate dalle 2618 del 1990 alle 3340 del 1994. Il dato relativo ai primi sette mesi del 1995 conferma la tendenza già in atto.
Anche il fenomeno dell'usura si presenta in larga misura ancora come sommerso.
Dalle denunce raccolte si ricava il dato di un fenomeno purtroppo in espansione, presente un po' in tutto il Paese ma diffuso soprattutto nelle regioni centro-meridionali e nelle grandi Città del nord.
Si riserva di tornare più avanti sul fenomeno dell'usura per alcune riflessioni sugli strumenti di contrasto attualmente disponibili.
Fa quindi presente che nei primi sette mesi del 1995 sono state deferite all'Autorità Giudiziaria 375.926 persone di cui 68.408 tratte in arresto e che nello stesso periodo sono stati perseguiti 136 sodalizi di stampo mafioso con il coinvolgimento di 2.681 persone.
L'attività di ricerca dei latitanti, alla quale si continua a prestare il massimo di attenzione, ha consentito in questa prima parte dell'anno di assicurare alla giustizia 211 pericolosi criminali, 6 dei quali inseriti nello speciale programma gestito da un gruppo integrato interforze costituito per la cattura dei 30 latitanti di spicco della criminalità organizzata.
L'episodio più significativo è certamente quello dell'arresto, il 24 giugno scorso, di Leoluca Bagarella.
Altrettanto significativi sono i risultati ottenuti nell'attività di contrasto al traffico di armi ed esplosivi ed a quello delle sostanze stupefacenti: da gennaio a luglio di quest'anno sono stati sequestrati 5.495 kg. di esplosivi, 4.459 armi da fuoco, quasi 421.000 munizioni. Alla data del 31 agosto scorso risultano sequestrati 11.700 kg. di droga e deferite all'Autorità Giudiziaria 22.375 persone per spaccio e traffico di stupefacenti.
L'azione repressiva delle forze di polizia di cui fin qui si è detto brevemente è stata affiancata da un altrettanto incisiva ed estesa attività di prevenzione.
Nei primi sette mesi del 1995 si contano 4634 avvisi di prevenzione ai sensi della legge 3 agosto 1988, n. 327 da parte dei Questori, 2385 ordini di rimpatrio con foglio di via obbligatorio e 1749 proposte di sorveglianza speciale. Secondo una stima ancora provvisoria, si è proceduto ai sequestri di beni per un valore complessivo superiore ai 2860 miliardi.
Di questi 2000 circa nelle sole regioni a rischio.
I risultati raggiunti sono il frutto di una forte collaborazione tra Forze di Polizia e Magistratura.
Mafia, ‘ndrangheta e Camorra, anche se significativamente colpite negli ultimi anni, conservano ancora una forte capacità criminale.
Ai loro vertici restano inalterate le tradizionali leadership: ciò vale soprattutto per cosa nostra e ‘ndrangheta per le quali l'egemonia dei capi tradizionali resta sostanzialmente inalterata in attesa forse della conclusione dei numerosi e rilevanti processi cominciati di recente in Sicilia ed in Calabria.
Mafia, camorra e ‘ndrangheta, da realtà regionali, tendono a proporsi sempre più come gruppi imprenditoriali-criminali, con fatturato e raggio di operatività che travalica spesso i confini nazionali, interagendo con altre organizzazioni in un contesto transnazionale.
In questo quadro l'attuale gruppo di potere di "cosa nostra", quello dei corleonesi, è tuttora sufficientemente solido mentre si vanno progressivamente affermando e diffondendo il credito e la presenza della ‘ndrangheta che peraltro negli anni scorsi aveva già imposto le sue logiche in alcune aree importanti del Paese e soprattutto in Piemonte e in Lombardia.
Più specificatamente si può dire che in Sicilia il panorama è ancora dominato da "cosa nostra" nelle due consolidate articolazioni palermitana e catanese che condizionano la situazione anche delle altre province siciliane.
Gli omicidi verificatisi nell'area palermitana nel primo scorcio di quest'anno si sono rivelati, secondo quanto è emerso dalla attività investigativa che ne è seguita, come espressione di una manovra di assestamento della leadership corleonese che con quegli omicidi ha rinserrato le fila interne e riaffermato all'esterno la propria posizione egemonica nei confronti dei tentativi di emergere operati da una nuova generazione criminale dai contorni ancora incerti. I mesi successivi non hanno, infatti, fatto registrare ulteriori conflittualità o altri episodi di particolare efferatezza.
Con l'avvio di una stagione di grandi processi si è attenuata anche la strategia di intimidazioni diffuse che aveva contrassegnato la vita della provincia di Palermo.
Tuttavia non è da escludere che le consorterie criminali possano nuovamente ricorrere ad azioni terroristiche.
I capi di "cosa nostra" detenuti hanno infatti ben poche possibilità di uscire dalle carceri nel giro di pochi anni e di sottrarsi allo speciale regime di detenzione previsto dall'articolo 41-bis.
Pertanto, una parte della "leadership" mafiosa, consapevole di trovarsi in una posizione giudiziaria compromessa, potrebbe decidere una ripresa della strategia degli attentati.
Durante gli ultimi mesi, in sede investigativa, sono state raccolte notizie della possibile preparazione di attentati ai danni di magistrati e di funzionari delle Forze di Polizia che operano nelle sedi più esposte.
Diversi elementi indicano che le principali consorterie mafiose stanno accumulando strumenti di offesa sofisticati, che non sembrano giustificati da un impiego limitato a conflitti interni.
Risulta poi che Leoluca Bagarella, prima del suo arresto, aveva costituito un gruppo di fuoco di notevole capacità operativa, dotato di armi micidiali.
Ad una prospettiva di questo genere viene naturalmente riservata la massima attenzione informativa ed operativa, con una costante sensibilizzazione dei responsabili dei servizi di protezione e con uno specifico riguardo a tutti gli elementi che possano rappresentarne, anche indirettamente, un segnale sintomatico.
I servizi di prevenzione e quelli di protezione delle persone a rischio in vigore a Palermo sono stati potenziati; è stata accentuata la tutela agli obiettivi sensibili dislocati nella provincia di Palermo, già affidata a 2000 militari delle Forze Armate.
Sono stati poi attivati ampi servizi di controllo del territorio e di prevenzione generale ai quali concorrono oltre 400 unità dei reparti mobili della Polizia di Stato, dell'Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza.
In definitiva si può dire che il controllo delle leve del potere "militare", economico e politico sembra ancora saldamente in mano ai corleonesi che starebbero riordinando, sulle basi di un'accentuata segretezza, gli organigrammi della loro leadership con i segmenti delle cosche ancora immuni dall'attività investigativa.
Sul versante catanese la situazione è invece di maggiore conflittualità perché il clan Santapaola, anche se ancora dominante, incontra maggiori difficoltà a mantenere la sua leadership, a seguito dell'arresto dello stesso santapaola e di alcuni dei suoi uomini più fidati.
In Campania l'indebolimento della "nuova mafia campana", derivato dall'arresto di Carmine Alfieri e dalla scomparsa di Gennaro Licciardi, fà registrare una situazione caratterizzata dall'assenza di personalità autorevoli capaci di mantenere tra i clan forme di reciproco rispetto delle diverse aree di influenza secondo una strutturazione non gerarchizzata in linea con la tradizione prevalente della criminalità napoletana.
Per altro verso le particolari condizioni socio-economiche dell'area partenopea alimentano forme sempre più diffuse di microcriminalità e una frammentazione dell'illecito che ne rende sempre più problematico il controllo da parte delle formazioni organizzate.
In Calabria si assiste alla collocazione delle principali cosche in un contesto delinquenziale più ampio, con accentuazione della proiezione nazionale, soprattutto in piemonte ed in Lombardia.
Si assiste, insomma, ad un processo di modernizzazione della criminalità calabrese, che intreccia nuovi rapporti anche internazionali e assume una connotazione di maggiore imprenditorialità.
Da ciò deriva l'esigenza di una riconversione organizzata che, dalla tradizionale articolazione orizzontale e federativa dei sodalizi calabresi, fa registrare l'affermazione della leadership di un organismo collegiale a livello provinciale con funzioni di governo, di guida strategica e di regolazione dei conflitti. Ciò spiega la sensibile flessione nella regione del numero degli omicidi ed il raffreddamento delle faide che hanno sempre caratterizzato la storia della criminalità calabrese.
Quanto alla Puglia si può dire che per Sacra Corona Unita - che non appare interessata da significativi mutamenti organizzativi - anche i più recenti risultati investigativi, confermati dalle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, fanno emergere rapporti con la criminalità siciliana, calabrese e campana e contatti con la criminalità albanese, e della ex Jugoslavia per il controllo della immigrazione clandestina lungo le coste adriatiche.
Per quel che riguarda la Sardegna, i risultati di recenti indagini fanno supporre un collegamento tra soggetti dell'area baricina implicati in sequestri di persona e trafficanti di droga dell'area cagliaritana.
In sostanza in Sardegna si starebbe radicando una criminalità organizzata, stabile sul territorio che intrattiene rapporti con la grande criminalità del continente, in virtù dei legami stabilitisi nelle carceri tra sardi detenuti per sequestro di persona ed elementi appartenenti alla "Sacra Corona Unita" pugliese.
Soffermando sulla situazione della Basilicata osserva che il territorio di quella regione non vive certamente gli stessi problemi delle regioni a rischio, né sullo stesso sono visibili espressioni criminali di particolare valenza. comunque, la circostanza della sua collocazione in un'area delicata induce da tempo le Forze dell'Ordine a dedicare anche a quella Regione ogni attenzione.
Si può rilevare conclusivamente che l'evoluzione della realtà mafiosa - caratterizzata da processi di riorganizzazione interna dovuti anche all'esigenza di arginare gli effetti provocati dalla incessante azione di contrasto degli ultimi anni - si sviluppa secondo strategie e tecniche destinate, per un verso, a riaffermare i tradizionali equilibri di potere e, per l'altro, a introdurre nuove forme organizzative e logiche operative ispirate a criteri manageriali e a più raffinate metodologie di intervento nel complesso panorama economico-finanziario della società contemporanea.
Così l'aggressione mafiosa, meno visibile ma più penetrante, si realizza anche attraverso comportamenti più sottili che pervadono e condizionano tutti i settori dell'economia e della società, senza un particolare territorio di esclusiva influenza.
Le attività investigative hanno confermato l'ampia e consolidata rete di connivenze di cui dispongono le organizzazioni mafiose nei vari ambienti della società e del mondo economico e finanziario.
Accanto ai settori più consolidati, la criminalità organizzata ha rivolto particolare attenzione anche verso nuovi àmbiti di intervento, come le attività di eliminazione e trasformazione dei rifiuti, specie se tossici, ovvero quelle legate alla difesa dell'ambiente, come si è verificato di recente per la messa in opera di depuratori per le reti fognarie o per l'utilizzazione di imbarcazioni spazzarifiuti.
Appare comunque ridimensionata nel complesso la capacità delle associazioni mafiose di condizionare i flussi della spesa pubblica.
Per altro verso, sulla gestione degli affari illeciti, l'esigenza di sempre più raffinate ed articolate forme organizzative per coprire spazi sempre più vasti ha indotto le diverse aggregazioni criminali a superare le rigide compartimentazioni di una volta e ad intensificare l'interscambio di servizi e favori.
Un'evoluzione siffatta si registra soprattutto nella gestione della attività di importazione e distribuzione delle sostanze stupefacenti.
Nei confronti delle più recenti linee di tendenza delle strategie criminali le Forze di Polizia ispirano l'elaborazione delle strategie di contrasto orientate verso un impiego sempre più raffinato degli strumenti giuridici ed operativi già disponibili e verso l'individuazione di nuove metodologie di intervento.
Osserva quindi che l'impegno delle Forze di Polizia vedrà crescere le sua efficacia se sarà accompagnato da un sempre maggiore sforzo degli apparati pubblici nella direzione del recupero di condizioni di buona amministrazione e di rinnovata efficienza e, in questa prospettiva, ritiene particolarmente significativa l'opera che stanno svolgendo i comitati provinciali per la Pubblica amministrazione ed i Prefetti che li presiedono.
Rileva altresì che se l'attività investigativa svolta di iniziativa dalle medesime rappresenta l'obiettivo fondamentale della strategia di contrasto, non può trascurarsi il contributo che i collaboratori di giustizia hanno offerto negli ultimi anni alle indagini condotte dai magistrati delle diverse procure distrettuali antimafia: esso non va disperso ed, anzi, deve essere ulteriormente alimentato.
L'impegno delle Forze dell'ordine, perciò, è indirizzato prioritariamente e con forza a contrastare le campagne di terrore e di delegittimazione che le organizzazioni criminali, fortemente preoccupate dai danni che può ancora provocare l'allargamento del fronte delle dissociazioni e del pentimento, lanciano costantemente nei confronti dei collaboratori di giustizia e dei loro familiari.
Nella consapevolezza di ciò, con un recente provvedimento, di concerto con il Ministro del Tesoro, ha indicato le linee per una ristrutturazione dell'ufficio del dipartimento della Pubblica Sicurezza incaricato della gestione degli speciali programmi di protezione dei collaboratori di giustizia, che alla data del 16 ottobre risultano essere 1.139, e dei loro familiari in numero di 4.787.
La puntuale applicazione dell'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario, opportunamente prorogata fino al 1999, è un altro aspetto sul quale è necessario insistere. Lo speciale regime carcerario riservato ai personaggi di spicco della criminalità organizzata si è rivelato strumento particolarmente efficace per indebolire la loro forza carismatica e per impedir loro di esercitare, anche dal carcere, capacità di comando.
Sul piano più strettamente operativo, accanto alla utilizzazione a pieno regime di tutti gli strumenti di coordinamento e di investigazione offerti dalla legislazione antimafia, è proseguito l'impegno per il perfezionamento dei modelli di intelligence delle forze di polizia e per l'ottimale sfruttamento nel settore delle risorse informatiche.
In prospettiva, il fronte nel quale mi sembra necessario impegnare ancora maggiori energie è quello dell'aggressione al patrimonio mafioso ed ai canali di riciclaggio del denaro di provenienza illecita.
L'attività di controllo contabile, finalizzata istituzionalmente all'accertamento delle violazioni alla normativa fiscale, rappresenta un patrimonio fondamentale di conoscenza del sistema delle imprese ed offre la possibilità di cogliere più agevolmente i sintomi dell'infiltrazione mafiosa nel tessuto sano dell'economia.
Sono state, così, definite metodologie di intervento e di ricerca per l'individuazione dei flussi finanziari illeciti e per l'attribuibilità di ingenti patrimoni ad esponenti di spicco delle organizzazioni mafiose o a loro prestanome.
Dalle Questure, incaricate di raccogliere le comunicazioni relative a movimenti di valuta e di titoli, sono partite per lo Speciale Nucleo di Polizia Valutaria della Guardia di Finanza n. 2.170 segnalazioni di operazioni sospette, che hanno consentito, fino al 31 agosto scorso, di riscontrare violazioni amministrative per 177 miliardi, violazioni penali per 54 miliardi, fatturazioni per operazioni inesistenti per circa 272 miliardi e di sequestrare o proporre per il sequestro di disponibilità finanziarie e beni immobili per oltre 62 miliardi.
Ritiene, pertanto, che anche in questo settore si debbano concentrare tutte le energie possibili per alimentare un'azione di contrasto sempre più penetrante, fatta di metodologie sofisticate e supportata da professionalità sempre più spiccate.
In questa prospettiva un posto di rilievo va riservato alla lotta contro l'usura, settore nel quale in questo modo, come già evidenziato, è diventata sempre più diffusa la presenza mafiosa nel comparto immobiliare, in quello della grande distribuzione, nella gestione di società finanziarie e in alcune aree imprenditoriali e dei servizi, come quella turistica e, più di recente, dello smaltimento dei rifiuti.
L'auspicio è che, oltre a quanto si è già fatto contro l'usura con il decreto legge del giugno 1992 che ha introdotto la nuova figura criminosa dell'usura impropria, possano essere rapidamente offerti all'azione di contrasto gli ulteriori strumenti previsti da un disegno di legge approvato dal precedente Governo e ora all'esame della Commissione giustizia della Camera.
più in generale e con riguardo ancora all'aggressione dei patrimoni mafiosi, è necessario, anche qui per rendere più incisive le risposte dello Stato, il completamento della normativa vigente con disposizioni ancora più dettagliate sulla destinazione da riservare ai beni sottratti alla disponibilità criminale.
A questo riguardo si può auspicare che il Parlamento arrivi rapidamente all'approvazione del disegno di legge recante disposizioni in materia di gestione e destinazione dei beni sequestrati o confiscati, attualmente all'esame della Commissione Giustizia del Senato, che contiene, tra l'altro, previsioni per il mantenimento dei beni nel patrimonio dello Stato per finalità di giustizia, di ordine pubblico e protezione civile o per la loro destinazione a fini socialmente utili.
Osserva quindi che la dimensione sovranazionale che il fenomeno ha assunto richiede risposte sempre più articolate che non possono venire solo dai singoli Stati e dai loro apparati di prevenzione e repressione, ma devono necessariamente assumere uno spessore internazionale, consolidante le esperienze che già si stanno acquisendo nelle relazioni tra le polizie, sia nell'area europea che in quelle più vaste del bacino del Mediterraneo e del mondo occidentale.
Il Ministero dell'interno è impegnato in questa direzione sin dal 1984. Da quell'anno, infatti, e fino al 31 maggio scorso, sono stati sottoscritti 37 accordi bilaterali di livello politico per la cooperazione nella lotta al terrorismo, alla criminalità organizzata e al traffico di droga e 13 accordi tecnici per la realizzazione di collegamenti informativi finalizzati allo scambio di notizie concernenti il traffico di sostanze stupefacenti.
A livello europeo il Trattato di Maastricht contiene disposizioni per una cooperazione sistematica tra i Paesi Membri nei settori della Giustizia e degli affari interni.
Da ciò è derivata una forte accelerazione al negoziato sulla Convenzione istitutiva di EUROPOL che è stata sottoscritta il 26 luglio scorso ed alla cui definizione sono stati dedicati gran parte dei lavori dei più recenti Consigli dei ministri degli affari interni e giustizia.
Ma ciò non significa che dentro i confini nazionali l'attenzione sia destinata ad allentarsi. al contrario, si è consapevoli del fatto che tanto più efficaci saranno le risposte derivanti dalla collaborazione internazionale, quanto più ciascuno Stato avrà saputo attrezzare al suo interno un sistema di contrasto forte e coerente, capace di avvalersi di strumenti giuridici ed operativi moderni e razionali.
In questa direzione, sono fondamentali gli effetti che derivano dai contributi dei collaboratori di giustizia, dall'isolamento in cui vanno mantenuti i capi più pericolosi, dalle misure di contrasto all'espansione criminale nella realtà economico-finanziaria e quelli che possono derivare, soprattutto nelle regioni a rischio, da un'azione costante e razionale di controllo del territorio, destinata ad ostacolare sul terreno le strategie criminali.
Strumento primario per la creazione di un efficace sistema di controllo del territorio è quello di un effettivo coordinamento delle forze disponibili al fine di evitare sovrapposizioni, duplicazioni di servizi, un inutile dispendio di risorse umane.
Queste esigenze rappresentano la preoccupazione primaria dei Prefetti nell'esercizio delle loro funzioni di coordinamento delle forze di polizia nella provincia e vengono continuamente in evidenza nelle riunioni dei Comitati provinciali per l'ordine e la sicurezza pubblica.
A livello centrale alle medesime esigenze viene riservata un'attenzione costante.
Per quel che concerne i presidî di polizia sul territorio fa presente che Polizia di Stato, Arma dei Carabinieri e Guardia di Finanza hanno complessivamente 8.973 strutture: 3.602 nell'Italia settentrionale, 2.264 in quella centrale, 1.762 in quella meridionale e 1.345 nell'Italia insulare.
Per quel che concerne le cosiddette regioni a rischio si contano 655 presidî in Campania, 471 in Calabria, 478 in Puglia, 865 in Sicilia e 480 in Sardegna.
Nell'intento di procedere ad una completa ricognizione dei presidî esistenti e di individuare aree scoperte o pur possibili presenze esorbitanti rispetto alle esigenze, nel decorso mese di agosto ha provveduto ad istituire presso il Dipartimento della P.S. un gruppo di lavoro interforze presieduto dal Vice Capo della Polizia per le attività di coordinamento, secondo criteri che tengono conto della presenza di uffici giudiziari, della densità demografica, degli indici di criminalità, dell'importanza turistica, commerciale, industriale delle diverse zone.
Soffermandosi sul contributo offerto dai militari ai servizi di protezione e di controllo del territorio in Sicilia, Calabria ed in provincia di Napoli, osserva che si tratta di un contributo di carattere eccezionale che, secondo il più recente orientamento del Governo e dello stesso parlamento, dovrà gradualmente rientrare con la sostituzione dei militari con appartenenti alle Forze di Polizia.
Per quanto riguarda le problematiche della sicurezza degli Uffici Giudiziari e dei magistrati che in essi svolgono il loro lavoro conferma anzitutto che a tali problematiche viene riservata su tutto il territorio nazionale la massima attenzione e tutte le risorse umane e strumentali che si considerano necessarie.
Sono 527 i servizi di scorta, tutela e vigilanza fissa attualmente disposti per la protezione dei magistrati; per il loro espletamento vengono impiegate complessivamente 2.710 unità delle Forze di Polizia.
Il Dipartimento della Pubblica Sicurezza aggiorna costantemente le direttive per l'effettuazione di così delicati servizi, che nelle diverse province sono sottoposti ad un costante monitoraggio da parte dei Prefetti e dei Comitati Provinciali per l'Ordine e la Sicurezza Pubblica.
Le decisioni che vengono di volta in volta assunte sono il frutto di una costante consultazione dei Procuratori Generali della Repubblica che, oltre a formulare le proposte per l'attivazione dei diversi servizi, partecipano personalmente o a mezzo di loro delegati alle riunioni dei Comitati Provinciali per l'Ordine e la Sicurezza Pubblica nelle quali le proposte stesse vengono esaminate.
L'individuazione nel Procuratore Generale della Repubblica dell'Autorità competente a proporre l'adozione delle misure di sicurezza per i magistrati ha consentito di assicurare una gestione della materia secondo criteri uniformi e con una valutazione calibrata delle diverse situazioni di rischio.
Le questioni relative alla sicurezza dei magistrati rappresentano un punto che appare quasi sempre all'ordine del giorno delle riunioni del Comitato Nazionale dell'ordine e della Sicurezza Pubblica.
Proprio in riunioni recenti del predetto Consesso è emersa l'esigenza di assicurare anche a livello centrale una disamina costante delle questioni di sicurezza relative agli Uffici Giudiziari ed ai magistrati, esigenza alla quale si è data risposta attraverso la creazione di due Gruppi di lavoro.
Quanto alla segnalata situazione calabrese, sono stati effettuati sopralluoghi a Reggio Calabria, Palmi, Locri e Catanzaro e in quelle sedi sono state verificate le condizioni di sicurezza degli Uffici Giudiziari, l'efficacia dei servizi di protezione dinamica riservati ai magistrati più esposti a rischio e le misure di difesa passiva assicurate agli stessi magistrati presso le loro abitazioni o, nei casi di maggiore esposizione, presso le Caserme delle Forze di Polizia nelle quali alcuni hanno accettato di risiedere.
Ne è derivato un quadro complessivamente apprezzabile soprattutto per quel che concerne le misure di protezione individuali per le quali i responsabili degli Uffici Giudiziari hanno in linea di massima espresso soddisfazione.
Sono state poi evidenziate alcune esigenze di intervento per misure di difesa passiva e di vigilanza degli Uffici Giudiziari e delle abitazioni di alcuni magistrati per le quali sono state immediatamente interessati gli Uffici competenti per l'attivazione delle relative procedure.
Il deputato Mario BORGHEZIO (gruppo lega nord) osserva che dalla relazione testé svolta dal ministro emerge una pericolosità sempre maggiore delle organizzazioni criminali, che si avvalgono di strumenti sempre più sofisticati; chiede quindi cosa faccia lo Stato concretamente per rispondere a questa sfida.
Osserva inoltre che accade troppo spesso che l'attività di contrasto degli organi pubblici si configuri come mera reazione; ciò induce a ritenere un qualche difetto nella attività di "intelligence" Di tale situazione costituiscono un esempio lampante i recenti fatti di Bardonecchia e quelli verificatisi in Valle d'Aosta. Per quanto riguarda il primo episodio non si può non constatare come la situazione di Bardonecchia fosse nota da molto tempo; resta quindi da chiarire quali controlli siano stati svolti e perché sia stato a suo tempo trasferito il funzionario di polizia che ebbe a segnalare i rischi di infiltrazioni mafiose nel territorio. In ordine alle vicende recentemente accadute in Valle d'Aosta chiede se si stiano svolgendo necessari controlli in relazione alle voci che corrono circa il locale casinò.
Dopo aver sottolineato l'opportunità che l'ingente mole di dati a disposizione del Ministero dell'interno sia sottoposta ad analisi in relazione ai rapporti tra mafia e politica, chiede se nelle recenti nomine di prefetti si sia tenuto conto della particolare esperienza da ciascuno di essi maturata. Chiede infine se il ministro condivida l'analisi secondo la quale la criminalità organizzata di origine meridionale controlla ormai ampie zone del nord.

Il deputato Giuseppe ARLACCHI (gruppo progressisti-federativo), in riferimento a quanto appena esposto dal ministro, riterrebbe opportuno acquisire ulteriori informazioni sui gruppi della grande criminalità che sarebbero coinvolti nel tentativo di riprendere la strategia stragista già all'opera nel 1992 e nel 1993, chiedendo inoltre quale sia allo stato il ruolo dell'"intelligence" nell'opera di contrasto e di prevenzione di tale strategia. In secondo luogo, chiede ulteriori chiarimenti sull'affermazione secondo la quale il ruolo degli appalti nel sistema di finanziamento della criminalità sarebbe in progressiva diminuzione, visto che da alcuni elementi, come ad esempio evidenziatosi nella discussione della relazione sulla Campania, potrebbero trarsi conclusioni diverse. In terzo ed ultimo luogo chiede ulteriori delucidazioni sul coordinamento delle forze dell'ordine, ed in particolare sul fenomeno della disseminazione delle forze investigative all'interno di diversi Ministeri.

Il deputato Michele CACCAVALE (gruppo forza Italia) rammenta che nel corso dell'audizione del dottor Boemi è stato paventato lo smantellamento delle squadre mobili di Locri e Palmi; ritiene che tale eventualità sarebbe molto grave e chiede quindi quali determinazioni il Governo intenda assumere al riguardo. Sottolinea inoltre la necessità di rafforzare la presenza delle forze dell'ordine nelle zone del litorale romano, dove le infiltrazioni della criminalità organizzata diventano sempre più massicce.

Il deputato Giuseppe SICILIANI (gruppo federalisti e liberaldemocratici) osserva che il ministro ha evidenziato una nuova capacità organizzativa delle consorterie criminali; a fronte di tanto non sembra registrarsi un adeguamento delle strutture dello Stato, che appaiono ancora ancorate a vecchi moduli organizzativi e di contrasto. Auspica quindi che l'esecutivo voglia porre allo studio nuovi metodi di osservazione e studio del fenomeno mafioso per una più efficace lotta alla criminalità organizzata, anche coinvolgendo istituzioni ed esponenti della società civile.
Il senatore Antonio BELLONI (gruppo CCD), parlando sull'ordine dei lavori, ritiene che si potrebbe sospendere brevemente la seduta per tener conto dei lavori del Senato.

Il Presidente Tiziana PARENTI osserva che verosimilmente l'audizione del Ministro non potrà concludersi nella giornata di oggi, e che occorrerà prevederne un seguito quanto prima.

Il deputato Alessandra BONSANTI (gruppo progressisti-federativo) sottolinea l'opportunità di continuare i lavori, anche tenendo presente l'allarme destato da alcune dichiarazioni relative alla probabilità di prossimi attentati. In particolare bisognerà chiarire per quale ragione se ne prevede l'effettuazione proprio a Palermo.

Il Presidente Tiziana PARENTI concorda con tale osservazione.

Il senatore Ferdinando IMPOSIMATO (gruppo progressisti-federativo) rammenta che la presenza della criminalità organizzata nel settore delle opere pubbliche è stata ormai dimostrata da numerose indagini. Dopo aver auspicato che si addivenga finalmente ad una fattiva situazione dell'ordine pubblico nella provincia di Caserta, suscettibile di determinare un vero e proprio problema nazionale, ed auspica un potenziamento della presenza dello Stato sul litorale domizio. Ritiene, infine, necessaria una reale prevenzione nei confronti delle imprese e che tale azione possa contribuire non poco ad un reale e sano sviluppo dell'economia meridionale.

Il Presidente Tiziana PARENTI osserva che i rilievi da ultimo formulati dal senatore Imposimato si collegano direttamente al problema della effettiva valenza della certificazione antimafia per le imprese; così come strutturato, infatti, tale istituto sembra assumere una efficacia solo formale e non fornire alcuna seria garanzia.

Il senatore Saverio DI BELLA (gruppo progressisti-federativo) chiede anzitutto ulteriori notizie sul problema del traffico d'armi, manifestando scetticismo su voci generiche che riguarderebbero uno spettro di attività assai ampio, dalle pistole fino ai missili. Ritiene poi che per quanto riguarda i fenomeni dell'usura e dell'estorsione, maggiore attenzione andrebbe posta al problema delle sofferenze bancarie, individuando con precisione gli autori delle concessioni di fidi senza copertura. Sottolinea poi l'utilità dell'impiego delle forze del corpo forestale dello stato per il presidio del territorio e per il contrasto della criminalità, una soluzione che avrebbe il vantaggio di non gravare affatto sul bilancio dello Stato.
Ricorda poi la grave situazione del paese di Limbadi e di altre realtà del Mezzogiorno, in cui si hanno gravi ritardi burocratici per l'attuazione di utili programmi di recupero per giovani a rischio, e in cui la stessa attività di repressione dell'operato delle famiglie malavitose più pericolose incontra gravi carenze e pericolosi ostacoli. Sui collaboratori di giustizia riterrebbe utile procedere ad una attenta valutazione dell'utilità dei vari contributi, in quanto sembra palesarsi una sproporzione tra il numero dei collaboratori e il beneficio complessivamente ricevuto dalle indagini. Chiede al ministro, in questo campo, di inviare alla Commissione una relazione riguardante il numero di collaboratori diviso per zone e regioni.
Desidera infine sapere cosa si faccia per riportare alla legalità tutto il settore dei cantieri e delle costruzioni, dato che è del tutto evidente che in larghe zone del mezzogiorno esso è sotto il totale controllo della malavita.

Il ministro Giovanni Rinaldo CORONAS, riservandosi di fornire comunque risposte complete alle questioni oggi sollevate in una prossima audizione da tenere in tempi ravvicinati, desidera far presente di non aver mai affrontato con organi di stampa l'eventualità di attentati a mezzo missili da parte della criminalità mafiosa; tale argomento è stato invece affrontato nella risposta ad una interrogazione scritta presentata dal deputato Acierno.

Il Presidente Tiziana PARENTI, ringraziando il ministro per la sua disponibilità, ricorda quindi che l'audizione di oggi troverà il suo seguito in una seduta da convocare prossimamente.


(*) Audizione effettuata in data 19 ottobre 1995.

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